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La pubblica amministrazione e il software libero

Gent.ma Redazione InterLex

Nel congratularci con voi per aver dedicato uno spazio così rilevante ad un argomento che spesso non viene percepito nella sua importanza, come associazione che ha promosso una raccolta di firme a sostegno del progetto di legge Norme in materia di pluralismo informatico e che, insieme ad altre, ha presentato una memoria sull'importanza del software libero negli ordinamenti scolastici, ci preme fare chiarezza riguardo ad alcune questioni, talvolta presentate in maniera parziale.

Recentemente l'uso del software libero nella pubblica amministrazione è assurto all'attenzione dei media almeno in due occasioni: la prima è la presentazione di un progetto di legge (Disegno di legge S.1188) per un suo uso preferenziale nella pubblica amministrazione, la seconda è la presentazione di un emendamento alla legge (Emendamento Atto Senato 1309) che richiedeva che nel testo di riforma dell'ordinamento scolastico, nella parte relativa alla alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche, si introducesse anche lo studio delle soluzioni "open source".

Si tratta di questioni relative ad ambiti distinti, sebbene abbiano in comune l'attenzione al software libero; nel primo caso infatti se ne incoraggia l'uso nella pubblica amministrazione, nel secondo se ne sollecita l'utilizzo ai fini della formazione informatica nelle scuole dell'obbligo.

Abbiamo già avuto occasione di trattare il secondo argomento, l'introduzione del software libero negli ordinamenti scolastici, con la memoria ospitata anche nelle vostre pagine. Vorremmo ora chiarire le ragioni per cui la nostra associazione sostiene la proposta di legge per l'introduzione del software libero nella pubblica amministrazione.

Innanzitutto non si tratta di una questione né tecnica (il software libero è migliore), né economica (il software libero costa meno). Le ragioni del progetto di legge sono politiche e si pongono nell'esigenza di salvaguardare alcune garanzie che sono alla base di uno stato democratico:

  1. Il libero accesso ai dati della pubblica amministrazione da parte di tutti i cittadini.
  2. La permanenza e mantenibilità dei suddetti dati da parte della pubblica amministrazione.
  3. Le garanzie di sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini.

Per garantire il primo punto, libero accesso dei cittadini all'informazione pubblica, è necessario che la forma in cui i dati sono memorizzati dalla pubblica amministrazione non sia legata ai fornitori di software, ma sia definita da standard pubblici e di libero utilizzo, che non favoriscano nessuno dei possibili fornitori.

Per garantire il secondo punto, permanenza e manutenibilità dei dati pubblici, è indispensabile che l'uso e la manutenzione del software che li gestisce non dipendano dalla buona volontà dei fornitori o dalle condizioni da essi imposte. Per questo motivo lo Stato deve privilegiare sistemi software la cui evoluzione possa essere garantita grazie alla disponibilità del codice sorgente e della possibilità di modificarlo, adattarlo, migliorarlo, senza che questo resti appannaggio esclusivo dei fornitori originari.

Per garantire il terzo punto, la sicurezza dello Stato, così come per garantire ai cittadini la riservatezza del dati personali e sensibili in possesso della pubblica amministrazione, è necessario poter fare affidamento su programmi per i quali si possa verificare in maniera certa l'assenza di elementi che permettono il controllo a distanza o la trasmissione indesiderata di informazioni a terze parti. Tutto questo può avvenire solo per sistemi il cui codice sorgente sia liberamente accessibile, e quindi esaminabile da parte dello Stato, dei cittadini, o di qualunque esperto indipendente.

Il disegno di legge si limita a stabilire sotto quali condizioni la pubblica amministrazione dovrà acquisire il software in futuro, definendo dei criteri che assicurino che esso sia compatibile con la garanzia di questi tre principi fondamentali.

Da parte di Microsoft, ma anche di altri, la proposta viene criticata con la motivazione che essa altererebbe la concorrenza, privilegiando una particolare tecnologia informatica. Si tratta di argomentazioni che fanno leva sulla scarsa conoscenza tecnica del grande pubblico, in quanto il software libero è un criterio di distribuzione e d'uso (copyright e licenza d'uso), e non certo una specifica tecnologia software.

Spesso le critiche fanno riferimento all'analoga proposta di legge presentata in Perù dal senatore Villanueva, anch'essa ampiamente criticata da Microsoft, proposta molto più severa, che impone l'uso esclusivo di software libero nella pubblica amministrazione.

Il disegno di legge italiano, invece, richiede solo l'uso preferenziale di software libero da parte della pubblica amministrazione, norma cui si può derogare, con motivate ragioni e relativa assunzione di responsabilità, quando non esista una soluzione disponibile per il particolare problema da affrontare. Non esiste quindi una imposizione forzata, e qualora le soluzioni libere disponibili non fossero adeguate, si potrebbe comunque ricorrere ad una soluzione proprietaria.

Solo in riferimento ai programmi usati nel trattamento dei dati personali dei cittadini, o relativi alla pubblica sicurezza, il disegno di legge impone la disponibilità dei sorgenti, dato che questa è l'unica maniera per assicurare la trasparenza delle operazioni effettuate da un programma: anche in questo caso tuttavia non si impone che il software sia libero, ferma restando la preferenza nei suoi confronti.

L'unico punto strettamente vincolante del progetto di legge è l'imposizione dell'uso di formati aperti. Ma si tratta in questo caso della condizione base per garantire sia l'accessibilità presente e futura dei dati, che la non discriminazione rispetto al software che li deve elaborare, qualunque esso sia.

La preferenza per il software libero inoltre concerne solo la pubblica amministrazione, la cui spesa per servizi software, una piccola frazione dell'intero mercato nazionale dell'informatica, riguarda principalmente la fornitura di servizi, toccando quindi solo in misura ridotta ogni questione economica dipendente dalle licenze di distribuzione dei programmi.

Da una lettura attenta del progetto di legge si evince chiaramente che niente nella proposta privilegia una ditta, un fornitore od uno specifico prodotto rispetto ad un altro. Né tantomeno il progetto di legge impone una specifica licenza rispetto ad altre. Esso si limita a stabilire dei criteri per l'uso del software da parte della pubblica amministrazione, volti a garantire la salvaguardia di principi generali come la trasparenza degli atti pubblici, la sicurezza dei dati e l'indipendenza dai fornitori.

Qualunque produttore di software può, posto che scelga di farlo, soddisfare i criteri stabiliti dal progetto di legge, che nascono dall'esigenza di garantire i principi citati in precedenza, principi che anche alcuni fra i critici della proposta affermano di voler salvaguardare, senza però precisare sulla base di quale impianto normativo intendono farlo.

Non vi sono pertanto ragioni per sostenere che questo progetto di legge possa alterare la concorrenza, giacché esso si limita a vincolare la pubblica amministrazione, che peraltro è pienamente legittimata a stabilire delle condizioni di fornitura, alla preferenza per il software libero, il quale, per la sua caratteristica di bene pubblico, non è proprietà esclusiva di nessun privato e può essere utilizzato da qualunque impresa per fornire i servizi richiesti.

Piuttosto uno degli effetti del disegno di legge sarà quello di incoraggiare nella pubblica amministrazione l'indipendenza dal fornitore originale, stimolare di conseguenza le possibilità di concorrenza, e contribuire a garantire alcuni requisiti di interesse pubblico come la disponibilità dei sorgenti e la riusabilità dei programmi.

In assenza di altre proposte concrete che permettano di garantire questi principi, e condividendo in pieno l'affermazione di G. Liveraghi, per cui «è illusorio pensare che questo problema possa essere risolto dal "mercato"», come associazione non possiamo che accogliere favorevolmente questo e qualunque altro progetto di legge che tenda ad introdurre regole efficaci per la salvaguardia della libertà, trasparenza e compatibilità nell'uso del software da parte delle amministrazioni pubbliche.

Distinti Saluti

Per l'Associazione Software Libero: Simone Piccardi

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